Il romanzo si apre con il ritrovamento del cadavere del protagonista chiuso all’interno della propria auto. La macchina, in origine, era una Mercedes SLK. Sarebbe la vettura utilizzata come safety car nei gran premi di F1.
Ma non andava bene.
Non andava bene perché l’autore si è accorto, proprio nei giorni di correzione delle bozze, che la SLK ha solo i due posti davanti. Un piccolo particolare che, durante la documentazione precedente, era stato trascurato.
Nel romanzo l’abitacolo della vettura, cioè la scena del ritrovamento, viene descritto in modo molto dettagliato. Nella narrazione si parla di cosa viene repertato sui sedili posteriori. Ma, s’è detto, la SLK non ha un sedile posteriore. Certo, una soluzione sarebbe stata modificare radicalmente questa descrizione. Ma, nel finale del libro, c’è l’intera scena del delitto. Mantenere la SLK significava rimettere in discussione parecchie cose che, nei meccanismi narrativi, funzionavano bene.
Non solo.
Al momento di prendere la decisione Marco Corona aveva già realizzato l’illustrazione della copertina che ritrae la parte posteriore della SLK e che, sebbene stilizzata, è però riconoscibile.
Lasciare le cose come stavano non era possibile perché, per il gioco stesso del romanzo che pretende un rigoroso realismo, i particolari diventano molto importanti.
L’autore è tornato dunque a navigare in internet, scartabellando tra siti e forum dedicati, alla ricerca di un modello simile, in modo da non pregiudicare del tutto l’immagine in copertina, ma che fosse disponibile nella versione a quattro posti. La scelta è caduta sulla Mercedes CLK che, anche se leggermente diversa, ha una linea che ricalca la SLK.
Diciamo che se i meccanismi narrativi del romanzo sono i cavoli e la copertina blu di Corona è una capra, il passaggio dalla S di SLK alla C di CLK ha permesso di salvare più o meno entrambi.
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