"Vangelo secondo Carlo", il primo romanzo di Cristiano Della Bella. Un velocissimo noir di blunottiana ispirazione. Tespi Editore.

venerdì 19 dicembre 2008

La santificazione letteraria della tivù

Non sono uno scrittore e, forse, nemmeno un lettore di noir. Prima di scrivere il romanzo mi sono procurato un libro sul genere, tra letteratura e cinematografia, per saperne di più. Ma l’idea non mi andava. Guardare indietro è importante ma poi preferisco camminare in avanti.

Attraverso la tivù.

Molti dicono di odiare la televisione, considerata leggera, sciocca, frivola. Dichiarano di preferirla spenta, di guardare solo telegiornali e film. Ma non è vero. Nemmeno a me piace il piccolo schermo ma bisogna ammettere che la nostra generazione è cresciuta davanti alla tivù che, di conseguenza, ha influito molto sul nostro background.

Non solo.

Prendiamo uno scrittore come Carlo Lucarelli. Ha pubblicato numerosi romanzi, alcuni pure di successo. Ciò che lo distingue da un Andrea De Carlo, da un Ammaniti, da un Benni, è però il suo volto televisivo. Uno scrittore che conduce una trasmissione di successo fa un balzo in avanti verso un’inossidabile celebrità.

Dunque.

Se Lucarelli attinge dai casi di cronaca nera per romanzare una trasmissione io ho pensato di prendere una storia completamente inventata e raccontarla come una trasmissione televisiva.

Mettere una trasmissione sulla pagina stampata è stato, per me, un modo per santificare il mezzo televisivo. Gli ho voluto concedere la sacralità letteraria. Avrei potuto ambientare una storia in ambito televisivo, ma non sarebbe stato lo stesso. Ho preferito raccontare la vicenda come sarebbe apparsa in tivù. Ho voluto cioè mostrare il modo in cui la mia generazione ha imparato ad ascoltare storie. Attraverso una serie di interviste di chi è stato testimone di fatti inerenti alla vicenda.

Ma l’importanza della tivù va oltre.

La televisione fornisce informazioni, conoscenza, cultura. Unisce di popoli lontanissimi tra loro che si trovano ad assistere, contemporaneamente ma in posti diversi, allo stesso evento. Tuttavia la televisione ruba la creatività, la diversità, omologando le culture, rendendole simili e, indubbiamente, impoverite.

Nel 2008 Wu Ming 1 pubblica on line un memorandum riguardo la New Italian Epic. Secondo me non c’è niente di più epico, nel bene e nel male, della televisione. E’ il collante di tutti i popoli, all’unisono, nel medesimo istante. Lo dimostrano anche i messaggi di Bin Laden, che non si perde nella pagina scritta per redigere il suo mein kampf ma preferisce brevi discorsi filmati da trasmettere in tivù. L’epica televisiva raduna le genti, arringa le generazioni, porta nelle case quanto succede nel mondo.

Che sia tutto vero, poi, non ha nemmeno importanza. Perché sul piccolo schermo le cose scivolano, sono tangibili finché sono in trasmissione, on air si dice. Poi finiscono nel limbo delle cose passate e, come i sogni, perdono smalto e lucentezza in modo abbastanza rapido. Tipo che un partito politico litiga in modo irreversibile con l’alleato di sempre, salvo presentarsi pochi giorni dopo alle elezioni anticipate nuovamente insieme.

Non ricorda Orwell?

L’errore, a mio avviso, è prendere il mezzo televisivo sotto gamba. Il piccolo schermo è in grado di controllare i popoli, cambiare i governi, inventare crisi economiche e, subito dopo, minimizzarle. Un potere vero, reale e micidiale mascherato da intrattenimento in cui perfino gli spazi pubblicitari, concepiti come fonte di guadagno, hanno il ruolo di stemperarne i toni. L’undici settembre non è poi così grave se, tra un Boieng che s’infila in un grattacielo e lo stesso grattacielo che crolla in macerie passa uno spot che reclamizza preservativi.

Secondo me, quindi, era giusto dare alla tivù un suo piccolo spazio letterario. Il mio tentativo, nato come un banale esperimento, è stato quello di mettere, letteralmente, la tivù nero su bianco. Per farlo ho dovuto trovare uno stile diverso, per certi aspetti pure nuovo. Ma non è stato difficile perché il linguaggio televisivo fa parte, che io lo voglia o meno, della mia cultura.

Il risultato è Vangelo secondo Carlo. Un noir diverso. Una vicenda raccontata nel momento in cui tutto è già avvenuto. Un’inchiesta ricordata dalle parole degli investigatori, degli specialisti, degli amici della vittima, dei testimoni. Un modo, si diceva, per concedere alla televisione la santificazione letteraria e anche, mi piacerebbe sperare, per scrivere un noir che possa essere qualcosa di più.

Un libro che guarda indietro ma che vorrebbe provare a camminare in avanti.

1 commento:

dani045 ha detto...

E' giusto, la televisione che la si ami o la si odi è una parte importante della nostra cultura, sta a noi cogliere ciò che di positivo ci può essere... è un mezzo potentissimo che condiziona il nostro pensiero, la nostra vita le nostre scelte... 1984 è stato precursore anche di questo.