Dovevate vederlo quel Della Bella che s’improvvisava approcciatore di celebrità. Vestito di pelle nera come un corvo della malasorte, s’accomodò in prima fila. Nello zaino aveva la macchina fotografica, un quaderno per prendere appunti, una bottiglietta d’acqua naturale. In testa aveva idee da terrorista, uno che sa cosa vuole ma non sa come ottenerlo.
In realtà il nostro eroe voleva imitare il celebre Prometeus, maestro dell’avvicinamento di brizziana memoria. Obiettivo del Della Bella era il volto familiare di Carlo Lucarelli, già scrittore noir e pure, con grande apprezzamento delle platee, conduttore della trasmissione televisiva Blu Notte. Nella testa del nostro c’era l’idea di conoscere lo scrittore parmigiano, scambiare una stretta di mano e consegnargli un volantino che reclamizzava il velocissimo noir di blunottiana ispirazione.
Vangelo secondo Carlo.
L’opportunità era scoccata, inaspettata come una tragedia, con la manifestazione Scrittorincittà organizzata a Cuneo, capitale della Granda. L’avvicinatore Della Bella, poco avvezzo a certi slanci verso le celebrità, s’era subito industriato per cercare ganci diciamo illustri che garantissero la buona riuscita dell’operazione. Una telefonata a Cristiano Godano, colto in prova in sala prove, gli aveva indicato la strada verso Alberto Castoldi, guru del Nuvolari Libera Tribù e piccola autorità politico-artistica locale. Castoldi l’aveva poi spinto verso gli organizzatori dell’evento e, per via telefonica, erano stati presi accordi.
Ma era naufragato tutto.
L’avvicinatore Della Bella si era ritrovato solo, di fronte all’immensità del solito Fatal Destino. Affondava nelle poltrone del cinema Monviso, consapevole di doversi sorbire un dibattito di tre ore con sei scrittori ed un critico cinematografico. Tanto per citare un fortunato lavoro del nostro, era un po’ come spingersi un cacciavite nella tempia.
Un millimetro alla volta.
Così Wu Ming 1 introduceva il discorso su NIE, la New Italian Epic, sorta di nebulosa che, secondo l’occhialuto intellettuale, andava a racchiudere parte della produzione letteraria italiana degli ultimi quindici anni. Poi i diversi autori dicevano la loro e se l’intervento di Lucarelli era breve e pulito, quello di Letizia Muratori risultava decisamente confuso. Fu la presa di parola da parte di Scurati, già visto nel salotto della Bignardi, a dare il colpo di grazia. Il biondo scrittore parve più soporifero di un flacone di cloroformio e, quando finalmente terminò l’intervento, la platea risultava totalmente anestetizzata.
Nel frattempo l’avvicinatore Della Bella fremeva sulla sua seggiola. Cangiava ripetutamente posizione, appoggiava il mento tra le mani, sudava freddo come un boiler fuori uso. Il dibattito, in sé, era pure interessante ma l’idea fissa di avvicinare Lucarelli metteva tutto in secondo piano.
Perfino la bella gnocca che venne a sedersi di fianco.
Era una femmina tutto d’un pezzo. Qualcuno la salutò chiamandola per nome.
«Ciao Simona.».
Il nostro rimase sul chi va là. Poi s’accorse della manina di Lucarelli, l’obiettivo della giornata, che si mosse per fare un salutino alla tipa – Simona – che ricambiò. L’avvicinatore Della Bella deglutì, col pomo d’adamo ad andare in su e in giù. Poi si rivolse alla donna.
«Scusa, tu sei Simona Vinci?», le chiese. L’altra rispose di sì, illuminandosi come un albero di natale il giorno di pasqua. M’ha riconosciuta, pensava probabilmente l’autrice di In tutti i sensi come l’amore. Certo che t’ho riconosciuta, pensò l’avvicinatore Della Bella, consapevole di trovarsi seduto accanto ad uno dei suoi scrittori preferiti, per di più femmina.
Pure gnocca.
Tuttavia il nostro quel giorno aveva un obiettivo senza tette ma con la barba. Quindi spense l’entusiasmo e ordinò ai globuli rossi di tornare nei ranghi.
Non solo.
Decise di tentare un approccio con la Vinci finalizzato al suo obiettivo. «Scusa, io avrei bisogno di parlare con Lucarelli e mi chiedevo se mi potessi dare una mano», disse l’inesperto con fare decisamente poco esperto.
Lei mangiò la foglia.
L’albero di natale si spense e Simona mostrò un cupo cipiglio tipo eterno riposo il giorno di ognissanti.
«Sssst, che voglio sentire», rispose.
C’era poco da sentire. Al microfono ci stava ancora Scurati che, se scriveva come parlava, sarebbe stato buono per le fiabe della buona notte. Poco dopo Simona riuscì a disimpegnarsi. L’avvicinatore Della Bella vide il sorriso burocratico di lei che chiedeva permesso e lasciava la sala.
«Merda, l’ho fatta scappare!», disse a se stesso.
Alla fine del dibattito, comunque, gli scrittori sul palco vennero presi d’assalto da vari avvicinatori improvvisati. Il Della Bella decise di lasciare il cinema e prepararsi per l’attacco vero e proprio. Infatti, se l’approccio con la Vinci aveva tradito una certa fretta d’intenti, da quel momento il nostro decise di usare la ragione.
Uscì in strada per fumare una sigaretta. Entrò in un bar, per mangiare un panino. Tornò al cinema Monviso per l’appuntamento serale in cui Lucarelli era nuovamente sul palco per presentare il suo libro sulla nave dei veleni.
L’avvicinatore tornò nella sua posizione in prima fila. Nei suoi occhi baluginava la determinazione. Lucarelli non sarebbe uscito vivo dal cinema senza aver scambiato due parole con lui. Di sicuro. Senza aver capito che stava per uscire Vangelo secondo Carlo, un noir raccontato come una trasmissione televisiva e che, da Blu Notte, aveva preso ispirazione.
Furono altri lunghissimi quarti d’ora, vissuti sudando freddo, tra brividi a fior di pelle e picchi di adrenalina. L’avvicinatore Della Bella ripassò mentalmente la strategia. La mia strategia è non avere strategia, recitava Bruce Lee nella sua testa.
Lasciò spazio all’improvvisazione.
Quando la presentazione del libro giunse al termine l’avvicinatore s’infilò veloce lo zaino in spalla e fece due balzi verso il palco. In mano reggeva L’ottava vibrazione e una matita matita per prendere nota. All’interno del libro era stato preparato, piegato in quattro, il volantino che pubblicizzava il Vangelo secondo Carlo.
Poi tutto accadde in fretta.
Numerosi fans s’accalcarono verso Lucarelli per un autografo. Tutti avevano un libro del parmigiano in mano e una matita biro per farsi firmare una dedica.
«Scusi», disse l’avvicinatore, avvicinandosi da tergo. «Volevo parlarle del mio libro, che esce a fine anno. Credo che la cosa le potrebbe interessare.»
Lucarelli rimase in ascolto. In tivù sembrava più alto. Dal vivo, senza i truccatori della Rai, era più umano. Privo pure del suo sguardo inquieto che infilava nelle telecamere come se fosse una pistola spianata. Anzi. Sembrava quasi timido, sorrideva compiaciuto, parlava in modo normale e non come un automa, come faceva in tivù.
L’avvicinatore consegnò il volantino a Lucarelli che, in cambio, gli diede un indirizzo e-mail. Poi i due si salutarono con una stretta di mano.
Il nostro uscì dal cinema Monviso con la consapevolezza di avere fatto il proprio dovere. Probabilmente l’operazione non avrebbe portato da nessuna parte. Chissà. Ma era una cosa che andava fatta e lui, vestito di pelle nera come un corvo della malasorte, l’aveva fatta.
Anche se.
Anche se forse sarebbe stato meglio andare a cena con Simona Vinci e restare a guardarla sorridere da vicino. Come dire
a tu per tu.