Giovedì 5 marzo alle ore 21 incontro con l’autore di “Vangelo secondo Carlo”. Biblioteca Civica “Anna Frank”, via Boves 18, Borgo San Dalmazzo.
Alle porte della città sul Cuneo.
Giovedì 5 marzo alle ore 21 incontro con l’autore di “Vangelo secondo Carlo”. Biblioteca Civica “Anna Frank”, via Boves 18, Borgo San Dalmazzo.
Alle porte della città sul Cuneo.
La febbre del sabato sera mi ha colpito il sabato pomeriggio mentre guardavo I 3 dell’operazione Drago in vhs. Sudori freddi che mi scivolavano giù, lungo la schiena, mentre il cervello mi andava a fuoco.
Erano anni che non mi ammalavo: nemmeno una linea di febbre. A questo pensavo, ricordando a quel certo me stesso che il giorno seguente c’era in programma la prima presentazione del mio primo romanzo. Era la persecuzione della solita fantozziana nuvoletta nel pieno rispetto dell’empiriche regole della legge di Murphy.
Sfiga, con la esse maiuscola.
Trascorsi il sabato sera davanti alla tivù chiedendomi se Ce la faranno i nostri eroi a ritrovare il loro amico misteriosamente scomparso in Africa? Certo che sì! Alla fine del film l’Albertone nazionale scovò un Manfredi stregone che profetizzava pioggia a catinelle senza cielo a pecorelle.
Le pecorelle sono quelle che contai a centinaia nella speranza di addormentarmi. Ma il sabato notte fu un’odissea in cui quel febbricitante me stesso naufragò tra le lenzuola, mosse dalla nausea e madide di sudore, e la biblica domanda mi si stampò a fuoco nel cervello: ce la farà il nostro eroe a non far saltare la prima presentazione del suo primo romanzo?
La febbre del sabato sera, cangiando nella febbre della domenica mattina, crebbe in un’ostica sindrome di tipo influenzale. Scesi dal letto badando a non sdrucciolare. Mi trascinai stancamente in cucina e cominciai a radunare pillole, fialette, alcolici e polverine magiche arraffate in farmacia. M’improvvisai alchimista, spezzando pastiglie di tachipiri, polverizzando dischetti di aspirina, aggiungendo due gocce di collutorio, radunando pizzichi di cortisone con due zampe di mosca cieca. Il tutto fu vorticosamente mescolato in tre dita di spirito e un rosso d’uovo rosso fuoco. L’intruglio frizzava fumava ribolliva. Lo ingurgitai come si fa con la tequila bum bum: alla vola.
Poi rimasi in attesa.
Trascorsero i secondi, i minuti, i quarti d’ora. Non accadde nulla. Ma poi la nausea scemò in una semplice inappetenza, la febbre scese di qualche linea, l’ostica sindrome di tipo influenzale parve declassata in una più accettabile sindrome di Stoccolma.
In Svezia.
Domenica 18 gennaio alle 18 ero sul palco del circolo Ratatoj a fianco di Massimiliano. Si sarebbe potuto dire che veni, vidi e, pure, vici. Lui cominciò a porgermi domande. Gli risposi. Mi fece un’intervista. Le luci erano collimate su di me per scaldare la fronte già calda, accecandomi. La gente ogni tanto applaudiva. Michela vendeva copie del romanzo che poi avrei dovuto autografare. Nano stava alla regia, per correggere il timbro baritonale della mia voce, salita dal profondo della tenebra come il sussurro dei demoni più fetenti.
Marco girava attorno per scattare fotografie.
Ma la mia immagine, febbricitante pure lei, rimase impietosamente fuori fuoco. Come dire, sfocata.